La mobilitazione per la App18 continua

Avevamo riportato qualche settimana fa la notizia dell’intenzione della maggioranza parlamentare di Destra di azzerare il bonus cultura per i diciottenni, attraverso un emendamento alla legge di bilancio. Il Governo ha dovuto compiere un parziale dietrofront — sia perché il tentativo era stato formulato in modo molto approssimativo, ignorando che le somme stanziate per questa misura per il 2023 erano già state impegnate e non potevano essere destinate ad altri scopi, sia perché tutto il mondo della cultura e dell’editoria ha avuto una reazione molto decisa, e forse inaspettata — e possiamo dire che, alla fine del primo tempo di questo braccio di ferro, la partita è sullo zero a zero. È stato scongiurato il pericolo che le risorse siano dirottate verso carnevali e girandole, come previsto nella proposta iniziale, ma le pessime intenzioni del Governo Meloni restano sul tappeto.

Sembra che per l’anno che sta per entrare non cambi nulla e che tutti i diciottenni potranno usufruire del bonus, ma bisogna verificare che non ci siano “buchi” normativi e di risorse, mentre dal 2024 dovrebbe scattare un nuovo regime, che modifica radicalmente lo spirito del provvedimento, legandone l’erogazione al reddito familiare e/o al merito scolastico. Il Governo, infatti, prevede che la App18 sia sostituita da una “Carta Cultura Giovani”, che dovrebbe mettere 500 euro a disposizione dei diciottenni che provengono da famiglie con un ISEE fino a 35mila euro, e una “Carta del Merito”, che andrà a tutti i giovani, a prescindere dal reddito familiare, che otterranno il massimo dei voti alla maturità. Non potrà essere superato il limite massimo di spesa di 190 milioni.

Quindi i consumi culturali saranno incentivati nei giovani di condizione economica modesta (o figli di evasori fiscali) e in chi uscirà dalla scuola secondaria superiore con la votazione di 100/100 (e forse non ha bisogno di questo incentivo). Sia chiaro che qualsiasi forma di promozione della partecipazione culturale è utile, ma non è questa la strada da seguire.

La mobilitazione di tutta la filiera del libro continua: abbiamo un anno di tempo per far cambiare idea a chi ci governa.  

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