Strega: 29 libri per tre premi

Ieri è partita la stagione 2024 del Premio Strega, anzi “dei Premi Strega”: infatti sono stati annunciati contemporaneamente i ventinove titoli che sono ai nastri di partenza di tre competizioni organizzate dalla Fondazione Bellonci, i dodici libri di narrativa italiana che si contenderanno il LXXVII Premio Strega, le dodici raccolte di componimenti poetici che parteciperanno alla seconda edizione del Premio Strega Poesia e i cinque romanzi in gara per lo Strega Europeo. Questa scelta intende anche offrire ai libri in gara la vetrina dei festival e delle diverse manifestazioni che ospiteranno nei prossimi mesi gli autori: si mette in moto quindi una macchina di promozione della lettura che, ne siamo certi, anche quest’anno darà i suoi frutti. Gli interventi che si sono succeduti durante la conferenza stampa di ieri hanno illustrato il coinvolgimento di biblioteche, gruppi di lettura, Istituti italiani di cultura all’estero e le diverse categorie di elettori che esprimeranno i 700 voti. Si è parlato anche di alcune delle novità che rafforzano le tre competizioni, perché un premio letterario che voglia davvero cogliere i cambiamenti in atto nel panorama culturale ed editoriale del Paese e desideri rappresentare nella sua giuria l’evoluzione della società italiana e i gusti del pubblico deve necessariamente adeguarsi. Il Premio Strega, infatti, ha attraversato tutta la seconda metà del Novecento e i primi due decenni di questo nuovo secolo e più volte si è reso necessario un adeguamento delle norme che lo regolano, per stare al passo con queste trasformazioni.

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Politiche per il libro? Non pervenute

Sono stati resi noti i risultati conseguiti da Mondadori nel 2023, che vedono una significativa crescita dei ricavi e degli utili. È una gran bella notizia. Commentando i dati, la presidente del gruppo Marina Berlusconi ha dichiarato: «Compito di noi editori è continuare ad investire, a offrire qualità e ad alimentare quanto più possiamo il dibattito ed il confronto tra idee; compito delle istituzioni è creare strumenti ancora più efficaci per incentivare la lettura. Perché un Paese in cui si legge di più è anche un Paese più libero e migliore». Non si può non essere d’accordo con questo auspicio, ma al tempo stesso non si può tacere che la realtà fattuale sembra andare in direzione opposta da quella auspicata da chi è al vertice del principale grippo editoriale italiano.

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Raccontare il lavoro

Il giorno 11 marzo si è tornati a discutere di storie di lavoro in un dibattito tenutosi presso la Sapienza in occasione del lancio della nona edizione del concorso LOscrittoIO che la Fondazione Sapienza bandisce allo scopo di valorizzare di valorizzare le capacità editoriali degli studenti di tutte le università italiane. Il tema scelto per quest’anno è Storie di lavoro e riportiamo qui le indicazioni del bando: «L’obiettivo del Concorso 2024 è quello di stimolare nei partecipanti una riflessione sul ruolo che il lavoro esercita oggi per gli individui e nell’assetto sociale. Il dettato dell’art. 1 della Costituzione, che definisce la nostra come una Repubblica “fondata sul lavoro” rischia di essere percepito come una vuota affermazione retorica, in quanto si è persa la centralità del lavoro nella vita delle persone e il suo valore come strumento di realizzazione personale. Fino a qualche decennio fa il lavoro è stato è uno dei tratti identitari della vita sociale e delle relazioni tra gli individui. Anche la letteratura ha tante volte raccontato storie legate alla “cultura del lavoro”. Poi il valore e il senso del lavoro è passato in secondo piano, è quasi scomparso dal dibattito pubblico e dal sentimento collettivo. Le diverse generazioni guardano al lavoro in modo discorde. Spesso privato di dignità e di riconoscimento sociale, il lavoro è oggi sempre più frequentemente legato al concetto di precarietà e ai disagi che ciò comporta, specie tra i più giovani. Leggiamo quotidianamente sui giornali le storie di tante persone che lasciano collocazioni lavorative che fino a poco tempo fa sarebbero state ambite e che preferiscono riappropriarsi del proprio tempo e vivere in una dimensione ritenuta più umana, rinunciando al successo professionale e accontentandosi di guadagnare meno».

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