I segni di Michela Murgia

Ieri è morta Michela Murgia e in queste ore possiamo leggere in rete e sui giornali i ricordi di scrittori e intellettuali, di personalità del mondo politico e, tra i più incisivi, i messaggi di chi ha condiviso fino alla fine la sua esistenza ed era accomunato nella sua famiglia di affetti, la famiglia queer come lei amava chiamarla.  Non ho titolo per aggiungere nulla, anche per rispetto verso i sentimenti di chi le voleva bene “da vicino”: infatti, non posso definirmi un suo amico e forse neppure un suo conoscente — l’ho incontrata poche volte e ammetto che in alcune occasioni non mi sono sentito in totale sintonia con le sue posizioni, che forse non riuscivo a capire — ma ho sempre ritenuto di fondamentale importanza le sue testimonianze e la sua partecipazione al dibattito pubblico, fino all’ultimo. Se essere “attivisti” significare partecipare attivamente alla vita sociale, questa definizione si addice pienamente a Michela Murgia.

«È morta come ha vissuto», ha sintetizzato perfettamente Simonetta Fiori su la Repubblica. E lo ha fatto in modo totalmente libero, senza cercare scorciatoie e senza preoccuparsi di dispiacere, come ha scritto Loredana Lipperini su La Stampa. Questo ha fatto di lei non solo un’attivista, ma un’autrice vera e una presenza importante nella storia culturale italiana. ”Scrivere”, leggiamo nel vocabolario Treccani, vuol dire tracciare segni che rappresentano fonemi, parole, idee, pensieri, in modo che possano poi essere interpretati, e Michela Murgia ha tracciato e lasciato tanti segni, non solo attraverso le sue opere letterarie e i suoi pamphlet, ma con le sue scelte e la sua tensione etica, con la sua intransigenza e il suo modo schierato di stare al mondo, con i legami che ha creato nella comunità di affetti che la circondava, con il suo modo di essere donna e di essere sarda, e nei mesi scorsi con il suo modo di raccontare la malattia e la morte che sentiva arrivare. Tutte cose destinate a restare anche ora che lei non c’è più, come ricorda Chiara Valerio.

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2 risposte a I segni di Michela Murgia

  1. ROBERTO TAROZZO scrive:

    Un’odiatrice seriale piena di sicumera di boria e iattanza, un genere di personaggio che solo una sinistra in avanzato stato di decomposizione può “allollorare” (come si dice in Toscana). Il battage mediatico che ne consegue consacra l’Italia come un allevamento intensivo di minus habens.

  2. Marino scrive:

    Finché i nemici della sinistra (o anche solo di Michela Murgia) useranno argomenti simili, pieni di ignoranza e pregiudizio, e parole cosi vuote, sciocche, incapaci perfino di insultare (non dico di criticare, attività enormemente oltre la portata di un tale interlocutore) siamo tranquilli: nessuna egemonia è alla loro portata. A meno che non diventiamo un paese di ignoranti rabbiosi e privi di idee.

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