La comunicazione scientifica e le biblioteche delle università

I percorsi della comunicazione scientifica stanno subendo profonde trasformazioni, anche – ma non solo – per effetto dell’evoluzione tecnologica: è evidente che la migrazione di una quantità sempre maggiore di pubblicazioni dal formato cartaceo a quello elettronico, la prassi della condivisione in rete dei risultati in progress della ricerca, le esigenze di tempestività ed esaustività nella circolazione di questi risultati, oltre alle conseguenze della crisi economica (che per quanto riguarda l’Italia si sono accompagnate a un attacco al sistema pubblico dell’istruzione e della ricerca, traducendosi in pluriennali politiche di definanziamento delle università) hanno radicalmente modificato i comportamenti degli studiosi.

All’interno di questo panorama complessivo, qui descritto in modo estremamente sommario, va effettuata una riflessione sul ruolo esercitato dagli istituti bibliotecari, che tradizionalmente hanno avuto il compito di supportare l’attività dei ricercatori, mettendo loro a disposizione fonti e strumenti di lavoro. 

Un interessante contributo in tal senso viene da un documento elaborato recentemente dalla Commissione Nazionale Università e Ricerca dell’Associazione Italiana Biblioteche (AIB), che prova a ridefinire il ruolo delle biblioteche universitarie e di ricerca «quali infrastrutture basilari per la creazione, disseminazione e conservazione della ricerca scientifica e per la costruzione di servizi a sostegno e valorizzazione dell’attività didattica». Si tratta di un documento di alto profilo, che esprime una visione organica e avanzata sulle funzioni che i servizi bibliotecari potrebbero e dovrebbero esercitare all’interno delle università, e che probabilmente ha il solo limite di risultare piuttosto lontano dall’assetto attuale, caratterizzato da una certa marginalizzazione rispetto alle dinamiche della vita accademica e da una forte inadeguatezza di risorse finanziarie, umane e strumentali.

Per le biblioteche operanti nel settore universitario e della ricerca scientifica l’AIB individua alcune aree di intervento, allo scopo di realizzare una strategia di sviluppo della conoscenza e dell’informazione razionale ed economicamente sostenibile. Tali linee di attività possono essere così sintetizzate:

  • una rinnovata organizzazione strutturale e amministrativa;
  • l’ampliamento delle funzioni correnti delle biblioteche;
  • l’assunzione di ruoli di coordinamento e di supporto nelle seguenti aree di sviluppo: a) condivisione delle conoscenze; b) diffusione dell’accesso aperto; c) valutazione della ricerca; d) educazione e formazione degli utenti.
  • il riconoscimento di nuovi ruoli e competenze e l’individuazione di percorsi formativi per le professioni bibliotecarie e della mediazione informativa.

Alcune parti del documento risultano di particolare interesse. In una congiuntura che sembra orientata allo sfruttamento commerciale dell’informazione e dalla privatizzazione delle fonti e dei canali di trasmissione delle conoscenze, e che si caratterizza per l’affermazione di nuovi modelli editoriali e da logiche economiche d’integrazione verticale e di concentrazione in ristretti ‘oligopoli del sapere’, le biblioteche universitarie e di ricerca ribadiscono la loro natura di servizio pubblico aperto all’uso di molteplici comunità di utenti. Ma le trasformazioni in atto sono profonde e – ricorda il documento – nuovi soggetti, si pensi a imprese del calibro di Google e di Amazon, stanno cercando di occupare funzioni di produzione e di mediazione lungo la catena della comunicazione editoriale scientifica. Quindi, accanto ai ruoli tradizionali, per le biblioteche e le istituzioni scientifiche si delinea una nuova mission, come i servizi della biblioteca digitale o lo sviluppo dei modelli Open Access di disseminazione della conoscenza. Notevoli sono, quindi, le opportunità per le biblioteche che si orientino verso la produzione, il trattamento e la condivisione di contenuti e saperi liberi, non condizionati da esigenze di carattere commerciale.

L’auspicio, formulato nel documento che qui si sta sintetizzando ma avanzato da più parti, è che le biblioteche delle università e degli enti di ricerca siano sempre più coinvolte nella realizzazione dei progetti Open Access: un movimento nato anche come reazione alla lievitazione dei costi delle pubblicazioni scientifiche, divenuti insostenibili (nell’arco di un ventennio, la crescita del prezzo dei periodici è stata pari a sei o sette volte il tasso di inflazione), ma che trova il suo principio ispiratore nei fini istituzionali delle biblioteche di offrire un accesso ampio e democratico alla conoscenza.

Quanto ai temi dell’information literacy e della formazione dell’utenza, nel suo documento l’AIB ricorda che le capacità di analisi e interpretazione non ci creano spontaneamente tra gli utenti, ma sono il risultato di percorsi specifici strettamente collegati alle categorie documentali disciplinari e alle distinte pratiche delle comunità di ricerca. Nelle ‘raccomandazioni’ che accompagnano il documento si legge che è indispensabile che le università e le loro biblioteche si dotino di programmi di educazione e formazione dell’utenza e si propone che, in collaborazione con le comunità dei docenti, le biblioteche possano integrare i contenuti dei percorsi curricolari con ore di lezione riconosciute da crediti formativi dedicate all’utilizzo della biblioteca fisica, digitale ed agli strumenti avanzati di ricerca e disseminazione dell’informazione.

In conclusione, possiamo dire che non è possibile ridefinire il ruolo delle biblioteche universitarie e ipotizzare un loro posizionamento più incisivo nelle attività di ricerca senza effettuare una riflessione organica sulle trasformazioni in atto nella comunicazione scientifica nell’apprendimento.

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