Il Premio “Àncora aldina”

Qualche giorno fa il Centro di ricerca europeo libro editoria biblioteca (CRELEB) dell’Università Cattolica di Milano mi ha conferito il Premio Àncora aldina per la cultura del libro.

Non nascondo che la cosa mi ha lusingato, trattandosi di un riconoscimento che viene da un organismo tra i più attivi nel nostro settore. organizzatore tra l’altro del Master Professione editoria. Ma, al di là di questo, l’occasione mi ha fatto riflettere proprio sulla intitolazione del premio, che richiama quella che forse è la più famosa delle marche tipografiche della storia dell’editoria, quella di Aldo Manuzio, che si compone appunto di un’àncora e di un delfino.

Quella immagine ci insegna infatti quanto sia importante cercare un punto di equilibrio tra la solidità, che l’àncora intende raffigurare, e la velocità del delfino. Da anni siamo alla ricerca – non solo io, ma forse tutti coloro che si riconoscono nella cultura del libro – di un equilibrio tra l’ancoraggio alla tradizione e l’apertura all’innovazione che procede velocemente. Equilibrio tra la difesa dei valori che l’oggetto libro rappresenta (valori durevoli, che spesso abbiamo definito evocando il concetto di complessità, che riconosciamo nell’architettura fisica e concettuale del libro, e quindi anche nel rispetto dei tempi che un libro richiede, direi anche nella sobrietà non invasiva con cui il libro si propone di veicolare i contenuti culturali) e la necessità di entrare nell’orizzonte del digitale (che trova i suoi connotati principali nella velocità, nell’immediatezza – dove immediatezza significa a volte anche assenza di mediazione – e nella smaterializzazione, nella sovrabbondanza).

Ritengo che avere una visione equilibrata significhi non essere schiavo del presente, non vivere nell’immediatezza, ma avere memoria, riconoscere ciò che del passato merita di essere conservato, e al tempo stesso provare anche a guardare oltre, immaginando ciò che ci aspetta e attrezzandosi ad affrontarlo. Significa anche essere consapevole del fatto che da soli non si va da nessuna parte, ma che confrontandosi con gli altri c’è sempre tanto da imparare. Significa evitare di essere categorici o assertivi, ma ricercare di comprendere anche le ragioni degli altri e guardare le cose da un altro punto di vista.

Solidità e velocità, memoria storica e apertura all’innovazione possono non essere in contraddizione.

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