Italo Calvino, il libro, i libri

Nel 1984, proprio in questi giorni — dal 6 al 23 aprile — si tenne a Buenos Aires la decima edizione della Feria Internacional del libro, una delle maggiori esposizioni mondiali di prodotti editoriali: basti pensare che in quell’occasione i visitatori furono circa un milione. La manifestazione del 1984 aveva come tema “El libro: del autor al lector”. Tra gli ospiti d’onore fu invitato Italo Calvino, che tenne una conferenza dal titolo “Il libro, i libri”, il cui testo fu poi pubblicato da Mondadori nella raccolta Mondo scritto e mondo non scritto, recentemente riproposto nella collana degli “Oscar moderni”.

Il testo di quell’intervento è pieno di spunti ed emana il fascino che solo Calvino sapeva dare ai suoi pensieri, quando li traduceva in parole. «I libri sono fatti per essere in tanti», disse lo scrittore, in riferimento alla vertigine provocata dalla marea di carta stampata in esposizione: «un libro singolo — prosegue — ha senso solo in quanto s’affianca ad altri libri, in quanto segue e precede altri libri. [...] Non ha senso senza il contesto di molti, molti altri libri intorno a lui». Calvino spazia tra Mallarmé, Boccaccio, Ariosto, Galilei, Rabelais, Cervantes, Gadda, Proust. Si sofferma poi sulle diverse tipologie di libri: l’enciclopedia, «mappa dei territori del sapere umano»; la stessa vocazione, a suo avviso, anima anche il romanzo, scritto per «tessere una rete che leghi l’esperienza custodita nei libri durante i secoli a quel pulviscolo d’esperienza che attraversiamo giorno per giorno nelle nostre vite e che ci risulta sempre più inafferrabile e indefinibile». Bellissimo il passaggio in cui Calvino, in riferimento alla propria esperienza di scrittore, afferma che «forse non siamo noi a scrivere i libri ma sono i libri che scrivono noi», ricordando che il libro è in effetti un «equivalente scritto della propria persona [...] specchio o autoritratto».

Si interroga poi sul futuro, sulla forma dei libri, cambiata tante volte e che forse cambierà ancora, sui cambiamenti che attendono la scrittura, le biblioteche e la lettura. «Penso che la lettura — leggiamo nella parte finale del testo — non sia paragonabile con nessun altro mezzo d’apprendimento e di comunicazione, perché la lettura ha un suo ritmo che è governato dalla volontà del lettore; la lettura apre spazi di interrogazione e di meditazione e di esame critico, insomma di libertà; la lettura è un rapporto con noi stessi e non solo col libro, col nostro mondo interiore attraverso il mondo che il libro ci apre».

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