Una polemica sulle politiche di promozione del libro

Mi trovo coinvolto mio malgrado in una polemica sullo stato dell’editoria e sulle politiche di promozione del libro e della lettura. Tutto prende le mosse dalle amare riflessioni pubblicate sul Corriere della sera da Gian Arturo Ferrari, presidente del Centro per il libro e la lettura, secondo il quale la Fiera di Francoforte ha offerto un panorama desolante dell’editoria italiana.

Sul blog Minima Et Moralia, Christian Raimo gli rimprovera la scarsa incisività (uso un eufemismo, Raimo ci va molto più pesante) del Centro, che avrebbe il compito di trovare soluzioni e non di lanciare geremiadi dalle pagine dei giornali. Devo dire che anche a me l’articolo di Ferrari è parso un po’ strano, perché sembra scritto da un osservatore estraneo e distaccato e non da chi è preposto alle politiche del libro. Fra le tante cose che scrive, a un certo punto Raimo sostiene anche che “di fatto quel ruolo di proposta politica e coordinamento del mondo del libro in questi anni l’ha svolto un soggetto informale e supplente come il Forum del Libro e non il Cepell”. Ringrazio Raimo del riconoscimento, ma sottolineo che l’obiettivo del Forum non è quello di sostituirsi alle istituzioni, ma di stimolare politiche pubbliche per la diffusione della lettura.

Non l’avesse mai fatto! Antonio Tombolini interviene sul suo blog e, pur senza difendere Ferrari, attacca Raimo e mette insieme di tutto e di più, prendendosela anche col Forum “che, sotto la coltre delle erudite relazioni di cui infarcisce i suoi elitarissimi convegni, sforna alla fine come proprio principale frutto la proposta di una Legge per promuovere il libro e la lettura il cui dirigismo statalista risulta, oltre che velleitario, soffocante”.

Ho dovuto rispondere – senza entrare nelle polemiche tra Raimo e Ferrari e tra Tombolini e Raimo – ma per respingere accuse che ritengo assolutamente infondate.

Ho ricordato a Tombolini che il Forum è un’associazione che raccoglie insegnanti, bibliotecari, librai, editori e altre figure impegnate sul territorio e nel mondo del libro, accomunate dal tentativo di valorizzare le esperienze di base nel campo della promozione della lettura. Non capisco, quindi, da cosa nasca la definizione di “elitarissimi convegni” a proposito degli incontri che organizziamo e che da dieci anni sono essenzialmente un’occasione per valorizzare e discutere le buone pratiche provenienti dal mondo dell’associazionismo e del volontariato, cercando di individuare il modo per replicarle ed esportarle (per inciso, ricordo che venerdì prossimo a Bari si apre la decima edizione del Forum “Passaparola”, durante la quale parleremo della necessità di investire in conoscenza per cambiare il futuro). Non capisco neppure l’accusa di “dirigismo statalista” riferita alle nostre proposte di interventi legislativi a favore della diffusione della lettura. Nei nostri documenti, che possono piacere o non piacere, non c’è nessuna richiesta di assistenza o sovvenzioni a pioggia, né di protezioni che tengano artificiosamente in vita realtà aziendali o commerciali in crisi, ma solo di politiche pubbliche e di azioni affidate a un partenariato pubblico/privato, che puntino ad allargare le basi sociali della lettura e a favorire in questo modo la crescita individuale e collettiva dei cittadini: leggere di più, non solo comprando i libri, ma anche andando in biblioteca. Se uno degli effetti degli interventi che chiediamo sarà quello di contribuire a creare le condizioni di mercato per cui editori e librai possano continuare a fare il loro lavoro, se sanno farlo bene, non mi pare che ci sia nulla di “soffocante”, come invece scrive Tombolini. Il quale, ovviamente, non è d’accordo con i miei argomenti e ha postato una replica della replica. La discussione continua? 

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3 risposte a Una polemica sulle politiche di promozione del libro

  1. Gentile Giovanni, la discussione potrebbe continuare, se solo lei mi togliesse di testa un dubbio: che la cosa non le dia fastidio.
    Lo scrupolo mi viene a leggere questo suo “resumé” della stessa. “Mi trovo coinvolto mio malgrado…” è il suo incipit. Raimo plaude al Forum che lei presiede e lei commenta “Non l’avesse mai fatto! (…) Antonio Tombolini (…) attacca Raimo e mette insieme di tutto e di più”. “Ho dovuto rispondere…” si duole.

    Vede, Giovanni, il fatto è che:
    - secondo me discutere non fa mai male
    - per di più, lo confesso, perfino mi piace
    - non ho risposto a Raimo (“non l’avesse mai fatto!”) per l’apprezzamento rivolto al Forum, ma perché mi sembrava interessante partecipare alla discussione bene o male aperta (non da me, ma da un altro scapestrato, tale Edoardo Brugnatelli, e pensi un po’, in quel postaccio che è Facebook) dall’articolo di Ferrari.
    - tanto meno ho “attaccato” Raimo: perché questo linguaggio bellico quando si tratta di me? Ho discusso le tesi di Raimo facendo presente una mia diversa opinione. A lei però “tocca intervenire”, io invece “attacco” le persone, mah.
    - ho provato, in quella che lei riferisce come “replica della replica” a confutare (come si fa in ogni discussione) le sue argomentazioni, mi pare senza mai attaccare nessuno.

    E infine: non discuto mai “mio malgrado”, come invece evidentemente fa lei, ma sempre e solo laddove e perché individuo temi e interlocutori interessanti e stimolanti, e penso di poter dare un contributo. Se così fosse, certo che sì, la discussione continua. Ma così, almeno con lei, non sembra essere, e io non voglio certo continuare a essere causa (per quanto involontaria) dei suoi “malgré moi”, né “costringerla” ad alcunché. Per questo, con un po’ di rammarico, mi ritiro in buon ordine e la lascio a consessi a lei ed alla levatura del suo pensiero più adeguati (e riposanti). Grazie.

  2. Giovanni Solimine scrive:

    Evidentemente mi sono spiegato male.
    Non mi dispiace affatto discutere e chi mi conosce sa che lo faccio frequentemente e anche a lungo. Per esempio oggi pomeriggio ho discusso pubblicamente e per qualche ora con Gian Arturo Ferrari, intervenuto al Forum del libro di Bari, sullo stato dell’editoria in Italia.
    Il Forum del libro era stato tirato in ballo (e a questo mi riferivo quando scrivevo “mio malgrado”) prima da Raimo e poi da Tombolini in una questione nella quale a mio avviso non entravamo affatto.
    In generale non mi piacciono le polemiche – che sono altra cosa rispetto alle discussioni – perché, come dimostra quest’ultimo intervento di Tombolini, si perdono completamente di vista i contenuti e le questioni da cui si è partiti, che scompaiono dalla discussione, mentre si finisce soltanto per restare prigionieri della “parte” che si sta recitando, procedendo in modo estenuante e sterile.
    Non mi pare neppure il caso di replicare alle battutine – ironiche? spiritose? ridicole? – come “la lascio a consessi a lei ed alla levatura del suo pensiero più adeguati (e riposanti)”.
    Mi pare che la discussione si possa considerare conclusa, almeno per quanto mi riguarda.

  3. Quod erat demonstrandum.
    PS Non so se lei quando discute “recita una parte”. Io no, mai.

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